Surrogati? No grazie.

Dolcificanti si o no?

Surrogati? No grazie.

I surrogati sono ormai parte della nostra alimentazione:  dal caffè di cicoria, agli hamburger di verdure, dal formaggio di grano al latte di riso, alla birra analcolica. Per approdare all’ampio mercato dei sostitutivi dello zucchero.

Zucchero che è indubbiamente un alimento incriminato, chiamato in causa per l’incremento mondiale di obesità, diabete, cardiopatie, di alcuni tumori e del declino cognitivo. E zucchero il cui consumo non mostra segni di cedimento: nel 2018 e nel 2019, il consumo globale di saccarosio è arrivato a 174 milioni di tonnellate.

E allora, comprensibilmente, sono state studiate alternative. Al 1879  risale lo sviluppo  del primo dolcificante – la saccarina – da parte della Johns Hopkins University.

Poi sono stati studiati i dolcificanti di seconda generazione, con l’aspartame approvato dalla FDA nel 1981, circa 200 volte più dolce del saccarosio, l’acesulfame K 300 volte più dolce e il sucralosio, con un potere dolcificante 600 volte maggiore.

Di più recente introduzione i prodotti di derivazione naturale, come la stevia e i pòlialcoli sorbitolo, xilitolo, eritritolo.

Teoricamente interessanti, in pratica emergono perplessità sul loro utilizzo.

A partire dal fruttosio, il più dolce di tutti i carboidrati naturali, il cui consumo è aumentato notevolmente negli ultimi 40 anni e che oggi è usato in bevande analcoliche, succhi di frutta e prodotti da forno. Ampiamente presente nella dieta in particolare di bambini e adolescenti. Sano? … Non proprio, data l’associazione tra il suo consumo e l’insulino-resistenza, l’accumulo di grassi nel fegato e l’aumento dei trigliceridi. Unico zucchero in grado di aumentare la produzione epatica di acido urici, con rischio quindi di gotta.

E poi l’aspartame, uno dei dolcificanti artificiali più popolari al mondo. Considerato sicuro nei quantitativi fissati dalla Food and Drugs Administration, alcuni recenti studi hanno dimostrato che il suo consumo aumenta il rischio per obesità e sindrome metabolica, con evidenze anche di tossicità renale.

Riscontri più positivi per alcuni dolcificanti naturali  stevia, l’eritritolo, il tagatosio. Non presentano a loro carico effetti collaterali, ma sono anch’essi associati ad alterazioni  del microbioma intestinale, con potenziali effetti negativi sul controllo del peso, sulla frazione di colesterolo hdl e sui trigliceridi.

A enfatizzare le correlazioni negative, una recente meta-analisi racconta come sia il consumo di bevande zuccherata che il consumo di bevande con dolcificanti aumenti il rischio di sviluppare diabete di tipo 2, patologie cardiovascolari e mortalità per tutte le cause.

In sintesi, la ricetta per la felicità non può passare dallo zucchero né tanto meno dai suoi surrogati.